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martedì 9 febbraio 2010

Carlo & Gabri: una coppia creativa - Parte prima


I due cuori ci sono. La capanna pure. Ma c’è dell’altro: tanta creatività.

Lui, designer di professione, con radici legate alla terra mantovana, quella vicina al fiume Po. Un fiume che oltre ad essere il più lungo d’Italia, diffonde con il suo lento fluire pensieri e riflessioni negli abitanti adiacenti al suo naturale percorso.

Lei, ceramista per passione, dal forte temperamento, forse in parte dovuto alle sue origini anglosassoni ed una notevole predisposizione alle scoperte, allo stupore d’imparare e riuscire a creare qualcosa con le proprie mani.

L’elemento che li accomuna forse è proprio questo: la curiosità. Sapere ancora emozionarsi di fronte ad un disegno, un bozzetto, un semplice tratto lasciato dalla matita. Proprio come i bambini, quando prendono in mano i colori ed iniziano una loro personale opera, senza porsi limiti sulla fattibilità della cose ed entusiasmandosi per quello che stanno facendo.

E’ una magia. Una dotazione naturale che tutti abbiamo a disposizione, ma che per i più viene dimenticata o rimossa.

Era da un po’ che volevo rincontrare Carlo Tinti e Gabriella Scarpa, non tanto per fargli un’intervista, ma per conversare piacevolmente insieme. Farmi raccontare a che punto sono i loro progetti. Verificare con mano se quell’energia, che traspare dalle loro opere, è ancora forte e vitale.

Li raggiungo nella loro “capanna”. Uno splendido loft ricavato all’interno di un magazzino storico in terra ferma veneziana, a dieci minuti da Piazzale Roma. Un contesto suggestivo e affascinante che sicuramente sollecita la loro fervida creatività.

Gabri ci raggiungerà a breve… in questi giorni si sta dedicando anima e cuore ad un nuovo progetto che poi ti racconterà” mi dice Carlo, accogliendomi a braccia aperte, con il suo modo informale di mettere a proprio agio tutte le persone che incontra.

Ci accomodiamo nell’angolo predisposto a cucina della casa, anche se è limitativo porre una suddivisone degli spazi in un open space. Prendiamo comodamente un caffè con delle originali tazzine, realizzate proprio da Gabri, che mi aveva presentato durante uno degli ultimi incontri.


ILBETTA: “Allora Carlo, l’ultima volta che ci siamo visti, c’eravamo lasciati con una tua riflessione, un po’ amara, che vogliono trasformare anche il mobile, l’arredamento, in una moda. Sei ancora della stessa idea?”

CARLO: “Temo di sì, anzi oramai fa parte di un fenomeno di diversificazione delle brands sartoriali. Il vero design, però non è moda, ma etica. La forma deve andare di pari passo con la funzione, quindi la qualità e la durata. I fidanzati passano, gli amici, rimangono. Ecco mi piace pensare ai mobili come a degli amici che ti accompagnano per tutta la vita


ILBETTA: “Ma dove sta il limite tra proporre cose nuove, originali, “di design” e il seguire la moda o addirittura imporre una moda? Ad esempio i tuoi oggetti da dove nascono, qual è lo stimolo principale che ti fa pensare alla realizzazione di qualcosa di diverso?”

CARLO: “Prima di tutto parto da un’esigenza, o una domanda : . Se la risposta è SI! Allora procedo con il percorso, che a differenza dell’artista vede molti più attori attorno al processo di realizzazione.


ILBETTA: “Riesci a descrivermi sinteticamente quali sono i passaggi che portano dall’idea alla sua realizzazione? Fino dove riesci a seguire, ad accompagnare le tue “creature”? Inoltre credo che ogni cosa che realizzi per te sia importante e come per i figli non è possibile dire a chi vuoi più bene. Però qual è stato l’oggetto che hai ideato che ti ha dato maggiore soddisfazione e perché?”

CARLO: “In genere si parte dallo schizzo, poi lo si verifica con un modellino, di conseguenza si discute con l’azienda, con cui si sta collaborando. Se l’impressione è positiva si parte con la fase della prototipazione. Se il prototipo funziona ed è gia ad un livello accettabile di finitura, l’azienda lo propone in fiera. Se il riscontro con i clienti è OK, si parte con la produzione.

Il portacandele Bicero, è il pezzo a cui sono più affezionato. Si tratta di un tubo industriale di vetro “Pyrex” quello che usano nei laboratori di chimica, che viene piegato a U, scaldandolo e forgiandolo sapienti mani artigianali.

In questo modo ho la sintesi tra industria (testa) e artigiano (cuore). La forma che abbiamo ottenuto è veramente molto poetica."


ILBETTA: “Senti e cosa mi dici di Carpet Diem? Qualche giorno fa mi è arrivato il tuo invito che esponevi presso la Maison & Object di Parigi un tuo pezzo. Di cosa si tratta?”

CARLO: “Si tratta di una nuova collezione di tappeti che ho progettato per Casamania. Alla fiera di Parigi è stato presentato solo il primo, la famiglia completa sarà a Milano per il Design Week ad aprile 2010. Il tappeto è la metafora di un racconto fatto però di fili che si intrecciano che compongono una trama, un racconto grafico.


Nella foto il portacandele Bicero realizzato da Carlo Tinti.

Domani la seconda parte dell'intervista