martedì 10 novembre 2009

La poesia di Michele - Parte prima

E pensare che per un breve periodo, siamo stati pure colleghi. Io all’epoca rigorosamente in giacca e cravatta. Lui invece in t-shirt, bermuda e Birkenstock. Aveva capito prima di me che non è la forma quella che conta, ma la sostanza.

E lui di sostanza ne ha e come se ne ha. Già quando c’eravamo incontrati allora, dimostrava un forte senso creativo, di quelli che difficilmente si riescono ad imbrigliare in schemi predefiniti. Forse un limite, se devi eseguire dei lavori sottoposti a delle regole. Sicuramente un enorme vantaggio, se il tuo essere artista è l’elemento cardine della tua esistenza.

E poi qualche giorno fa mi arriva un invito. Presentazione del libro vincitore della XX Edizione del Premio Nazionale di Poesia Federico Garcia Lorca 2009, Torino: Non Avrei Mai Pensato di Diventare di Michele Morando.

Eccolo, lo ritrovo a distanza di anni. Certo non avevo bisogno di un premio per avere conferme sulle sue qualità, però la cosa mi fa piacere. Diciamo che è la giusta ricompensa ad un ragazzo che ha delle capacità. Sì, perché si tratta pur sempre di un poco più di un trentenne che usa la poesia (ma non solo come vedremo) per comunicare i suoi pensieri, le sue emozioni.

ILBETTA: “Partiamo dalla fine. Ti ho lasciato a fare il grafico per il web e ora ti ritrovo poeta, nonché premiato. Allora Michele di cosa trattano queste poesie raccolte in Non Avrei Mai Pensato di Diventare?”

Michele: “Devo partire dall’inizio per risponderti.

Prima ti dico perché non faccio più il grafico. È strettamente connesso allo scrivere. Un giorno di 8 anni fa, mentre lavoravo al computer, ho avuto un attacco di panico. Di lì a poco, altri, fino ad arrivare a non resistere più di 5 minuti di fronte ad un computer. Ho deciso di smettere di farmi del male e ho venduto il Mac che avevo in casa, sostituendolo con una macchina da scrivere Olivetti Lettera 22, un’anticaglia che ovviamente funziona ancora.

Ho cominciato a scrivere, raccontandomi a me stesso, partendo da questo spavento iniziale.

Le poesie della raccolta Non Avrei Mai Pensato di Diventare sono una parte del discorso che ho cominciato quel giorno. Le poesie trattano della sorpresa di esistere, delle cose di noi che scopriamo, lentamente, giorno dopo giorno, nel bene e nel male.”

ILBETTA: “Mi sembra di cogliere che dalla tua privilegiata postazione di osservatore, fai una disamina disincantata sul nostro esistenzialismo, che rischia d’incepparsi nella sua mediocre routine quotidiana. Ma secondo te c’è un modo per riappropriarsi della propria vita e di vivere non in maniera distratta le relazioni umane?”

Michele: “Discorso delicato. Premettendo che la vita non è sempre uno spasso o una novità, ma è anche una noia e una rottura di balle colossale affermo quanto segue:

la mia posizione non è di privilegio perché è una precisa volontà che fa di me un osservatore. E di privilegi concreti non ne ho, ho lo stretto necessario. Una volta capito che non si vive di solo pane, mi sono sentito di inseguire la scrittura, fino a quando ha cominciato a mostrare i suoi meravigliosi doni.

Credo che la mediocre routine quotidiana ce la scegliamo noi.

C’è routine e routine. Ad esempio la routine di un uomo che lavora 12 ore al giorno, tutti i giorni, per disperazione, perché non sa cos’altro potrebbe fare è ben diversa dalla routine di chi lavora meno ma riesce a vivere il suo tempo con pienezza. Sono convinto che produrre e lavorare così tanto ci faccia del male. Non è ideologia la mia, ma esperienza sul campo.

Tutti abbiamo una routine ed è normale averla, anche utile. Sforzarsi di non averla è stupido. La differenza sta nella qualità della routine.

A chi si sente costretto in una routine quotidiana oppressiva, mi viene da dire di cominciare a cambiare. Serve coraggio, ma se una persona sta male deve farlo.

La distrazione delle relazioni umane è figlia della superficialità e la superficialità è data dallo sfruttamento dell’effimero. La gente ha paura di osservarsi a fondo, perché non ha gli strumenti per farlo.

La superficialità si combatte con la propria presenza, la propria coscienza, con una forma critica. Un modo per riappropriarsi dell’esistenza è essere critici nei suoi confronti. Il pericolo è di diventare superficiali nella critica. Per esempio quando si distrugge senza proporre, questo è negativo e serve a poco. Bisogna “distruggere costruendo”.


In alto la copertina del libro di poesie "Non avrei mai pensato di diventare" di Michele Morando

Continua domani

3 commenti:

Anonimo ha detto...

"La differenza sta nella qualità della routine" ... sagge parole ;) by Adè

Fred ha detto...

E citerei anche...
"Per esempio quando si distrugge senza proporre, questo è negativo e serve a poco. Bisogna “distruggere costruendo”."

...attendo il seguito...

Fred

Anonimo ha detto...

Ho sempre molta ammirazione per chi riesce con coraggio a migliorare la propria esistenza...Trovo molto complicato guardarsi dentro con sincerità e cedere ai nostri veri desideri!!!by sister