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giovedì 8 aprile 2010

Degustare consapevolmente


Oggi apre a Verona la 44ma edizione del Vinitaly, forse una delle manifestazioni a carattere internazionale più importanti all'interno del settore vinicolo.

Prendo spunto proprio da questo evento per fare delle considerazioni su come, a mio avviso, si modifichi con l'andar del tempo l'approccio che una persona ha nei confronti del vino.
Come per tante cose della vita, anche nel momento della sua (vino&vita) degustazione, occorre raggiungere un certo livello di maturità.

I primi incontri con il vino e più in generale con i diversi alcolici, avviene in modo spesso e volentieri errato, mi permetto di utilizzare il termine "quantistico". L'elemento predominate è lo stordimento. Si beve per essere più allegri, più spigliati, meno timidi. Si beve, punto e basta. Questo purtroppo sempre più in giovane età e con un aumento preoccupante del genere femminile.

Poi fortunatamente arriva la consapevolezza e con essa non si parla più di bere, ma di degustare un vino, di viverne pienamente l'esperienza sensoriale. Senza grandi paroloni da sommelier, insomma subentra il piacere di assaporare un buon vino, di apprezzarne il giusto abbinamento con una portata, di capirne il significato in una serata tra amici a cena, ove il vino non è altro che il suggello del piacere di stare insieme e condividere momenti, parole e... gusti.

E' qui che la componente qualitativa prende il sopravvento. Non conta più "continuare a riempire il bicchiere", ma le sensazioni che ha innescato quella semplice, ma solenne degustazione.
Ecco, questo vuole essere il mio personale augurio a tutti quei giovani che si affacciano per la prima volta a sorseggiare un buon bicchiere di vino.

Prima di concludere invece, voglio segnalarvi un'iniziativa molto interessante, organizzata dal poeta e amico Michele Morando in collaborazione con Atelier Italiano. Si tratta di una serie di reading dedicati al connubio poesia/vino che si terranno questa sera, domani e venerdì sera dalle 21 alle 22. Questo è il programma e se siete in zona vi invito caldamente a partecipare, al di là che l'ingresso sia gratuito:

Giovedì 8 Aprile - Madonna Verona (Via Don Bassi 4, Verona)

Simposio del vino con il poeta ed editore Eugenio Ribecchi (Blu di Prussia, Piacenza) ideatore del Premio di poesia Rebelais. Letture e discussioni attorno ad una raccolta di testi curata personalmente da Eugenio Rebecchi.

Letture di Gloria Girelli Bruni

Venerdì 9 Aprile – Associazione Culturale Joy (Via Giosuè Carducci 32, Verona)

Elogio della sbronza consapevole. Letture da autori moderni e contemporanei.

con letture di Alessandro Assiri e Stefano Di Simone

Sabato 10 Aprile – Art & Chocolate (Largo Pescheria Vecchia 9, Verona)

Incontro con autori contemporanei a proposito del loro rapporto intimo con il vino. Ricordi legati alla scrittura ed ai propri vini preferiti. Suggestioni, ispirazioni ed ubriacature.

Letture a più voci con Michele Morando, Francesco Pagliarini, Gerardo, Giorgio Maria Bellini, Luigi Pedilarco, Max Ponte, Alessandro Assiri, Monica Ferretti e Riccardo Filippini



Photo Credits

giovedì 12 novembre 2009

La poesia di Michele - Parte terza


Leggi la seconda parte

ILBETTA: “E del cinema che mi dici? So che hai scritto e diretto alcune pellicole, una delle quali è stata presentata pure a Cannes.”

Michele: “Nel 2001 ho girato il mio primo video Panta Rei, dalla finestra di camera mia. Era la mia prima vera incursione artistica (per usare un termine comprensibile) nella realtà. Era la prima volta che esprimevo un concetto con il video. È stato emozionante, così cominciai a pensare di farne altri, di dedicarmi al video. Così ho scritto Il continente sommerso, con l’amico filosofo Federico Faccioli e ho cominciato così a lavorare duramente ad un cortometraggio con una struttura narrativa.

Dopo due anni di lavoro ho imparato moltissime cose sul cinema anche se il risultato è acerbo. Il nostro corto (dico nostro perché ho lavorato con persone splendide che l’hanno fatto gratis) è stato presentato a Cannes ad alcuni produttori e venditori. Ma non ha avuto fortuna."

ILBETTA: “Addirittura sei riuscito a portare il cinema in radio. Sembra un ossimoro, ma ce l’hai fatta. In cosa consisteva il tuo contributo nel talk show culturale radiofonico Mai di giovedì?”

Michele: "A Mai di giovedì sceglievo con Federico Castagna (ideatore e conduttore del programma) i temi e i film che ogni giovedì sera presentavo in trasmissione. Ad ogni puntata affrontavamo un tema, ad esempio con il tema de L’IMMAGINAZIONE il film era 8emezzo di Fellini oppure quando abbiamo parlato di CATTIVERIA il film allegato è stato IL SERVO di Joseph Losey poi per LA PUREZZA ho portato INTO THE WILD di Sean Penn e così via. Questo ogni giovedì per un totale di 35 temi e 35 film. Selezionavo tre brevi estratti sonori, tre scene che trattassero il tema affrontato in puntata e lo mandavamo in onda. Il tema veniva discusso da noi conduttori e dagli ospiti. È stata un’esperienza molto bella e veramente ben riuscita, ma che non ha avuto il seguito che meritava. Qui succede spesso che le cose si fermino raggiunto un certo livello… ma è meglio se mi fermo, non vorrei essere uno di quelli che distrugge senza proporre.

Ciao a tutti, grazie.

M.M.


Che dire Michele di strada ne hai fatta, ma ho una convinzione… sei solo all’inizio e vedo un lungo percorso costellato di soddisfazioni. In bocca al lupo e buon cammino!


In alto una foto con Michele Morando, Leonardo Rozio, Letizia Giorgiolet e Guido Roberti, tratta dal backstage del film Il continente sommerso

mercoledì 11 novembre 2009

La poesia di Michele - Parte seconda


Leggi la parte prima

ILBETTA: “Tu in passato avevi già incontrato la scrittura. Se non sbaglio già nel 2006 avevi pubblicato un libro che raccoglieva dei tuoi lavori. In cosa consisteva?”

Michele: “Era la mia prima raccolta di poesie. Avevo fatto una mostra con foto e poesie e avevo poi deciso di ricomporre tutto in un libro. L’ho stampato in poche copie grazie ad un amico che aveva una piccola stamperia e l’ho spedito a qualche editore. Dopodiché è stato ristampato Eugenio Rebecchi di Blu di Prussia (Piacenza). Da li è cominciato tutto, qualcuno in cui credevo mi ha detto: “Belle, continua.”

ILBETTA: “Cosa rappresenta per te la poesia? La possibilità di mettere in versi i propri pensieri?”

Michele: “Non sono solo pensieri ma sentimenti. È un modo per condividere emozioni, per vedere se la gente è così distante come sembra. E la scoperta è che… no, non lo è. È solo drammaticamente distratta.

La poesia per me è silenzio. È così che la sento, come una perdita continua di parole. Teoricamente parlando vorrei che la mia poesia si facesse sempre più sintetica fino a raggiungere il silenzio, l’assenza di parole. Una delle poesie dell’ultima raccolta parla proprio di questo”

ILBETTA: “Ma Michele Morando non è solo poesia. O meglio la tua “poesia”, intesa come sensibilità ad esprimere delle emozioni, trova anche altri strumenti espressivi, vero?”

Michele: “Nel disegno. Adoro disegnare e dipingere, ma disegnare e dipingere richiederebbero, per come li intendo io, un lavoro quotidiano e una dedizione totale, fatto di fatica e dispendio di energie fisiche e mentali non indifferenti. Oltretutto non ho uno studio dove poter lavorare. Ce l’ho avuto in passato, ed infatti ho realizzato alcune quadri ma ora mi è veramente impossibile. Senza un luogo dedicato non si può fare un buon lavoro.

Devo avere un spazio fisico e un luogo mentale per poter dipingere, uno spazio (non la camera dove dormo) per poter staccare da tutto e concentrarmi solo sulla tela o sul foglio. Spero un giorno di poterlo fare, vorrei fare il pittore e basta. Ma in un certo senso ho già cominciato, perché il lavoro di ogni giorno, quello che mi da il pane è fare le vetrate per le chiese, mi occupo dei progetti e dei bozzetti.”

ILBETTA: “Parlami un po’ del disegno, della tua pittura. Che tecniche usi? Quali sono i temi trattati?”

Michele: “Non ho temi, che io sappia. Mi piace usare la penna bic e l’inchiostro per disegnare, l’olio e gli acrilici per dipingere. Sto cercando di capire quale mi sia più affine. Ma pure qui, torniamo al punto centrale, serve lo spazio minimo dove poter lavorare fino a trovare una strada e dei temi se vuoi. Fino a due anni fa condividevo con altri pittori un atelier ma non ero ancora pronto a sacrificarmi, pensavo a troppe cazzate che non servono se vuoi essere un pittore vero. Pensavo a divertirmi, ad uscire ecc. Adesso che saprei allegramente fregarmene di divertirmi un casino perché è sabato l’atelier non ce più e soffro come un cane.”


In alto l'immagine di una pittura di Michele Morando dal titolo Terrazza a Granada, olio su tavola, 30x30 cm

Domani la terza e ultima parte dell'intervista

martedì 10 novembre 2009

La poesia di Michele - Parte prima

E pensare che per un breve periodo, siamo stati pure colleghi. Io all’epoca rigorosamente in giacca e cravatta. Lui invece in t-shirt, bermuda e Birkenstock. Aveva capito prima di me che non è la forma quella che conta, ma la sostanza.

E lui di sostanza ne ha e come se ne ha. Già quando c’eravamo incontrati allora, dimostrava un forte senso creativo, di quelli che difficilmente si riescono ad imbrigliare in schemi predefiniti. Forse un limite, se devi eseguire dei lavori sottoposti a delle regole. Sicuramente un enorme vantaggio, se il tuo essere artista è l’elemento cardine della tua esistenza.

E poi qualche giorno fa mi arriva un invito. Presentazione del libro vincitore della XX Edizione del Premio Nazionale di Poesia Federico Garcia Lorca 2009, Torino: Non Avrei Mai Pensato di Diventare di Michele Morando.

Eccolo, lo ritrovo a distanza di anni. Certo non avevo bisogno di un premio per avere conferme sulle sue qualità, però la cosa mi fa piacere. Diciamo che è la giusta ricompensa ad un ragazzo che ha delle capacità. Sì, perché si tratta pur sempre di un poco più di un trentenne che usa la poesia (ma non solo come vedremo) per comunicare i suoi pensieri, le sue emozioni.

ILBETTA: “Partiamo dalla fine. Ti ho lasciato a fare il grafico per il web e ora ti ritrovo poeta, nonché premiato. Allora Michele di cosa trattano queste poesie raccolte in Non Avrei Mai Pensato di Diventare?”

Michele: “Devo partire dall’inizio per risponderti.

Prima ti dico perché non faccio più il grafico. È strettamente connesso allo scrivere. Un giorno di 8 anni fa, mentre lavoravo al computer, ho avuto un attacco di panico. Di lì a poco, altri, fino ad arrivare a non resistere più di 5 minuti di fronte ad un computer. Ho deciso di smettere di farmi del male e ho venduto il Mac che avevo in casa, sostituendolo con una macchina da scrivere Olivetti Lettera 22, un’anticaglia che ovviamente funziona ancora.

Ho cominciato a scrivere, raccontandomi a me stesso, partendo da questo spavento iniziale.

Le poesie della raccolta Non Avrei Mai Pensato di Diventare sono una parte del discorso che ho cominciato quel giorno. Le poesie trattano della sorpresa di esistere, delle cose di noi che scopriamo, lentamente, giorno dopo giorno, nel bene e nel male.”

ILBETTA: “Mi sembra di cogliere che dalla tua privilegiata postazione di osservatore, fai una disamina disincantata sul nostro esistenzialismo, che rischia d’incepparsi nella sua mediocre routine quotidiana. Ma secondo te c’è un modo per riappropriarsi della propria vita e di vivere non in maniera distratta le relazioni umane?”

Michele: “Discorso delicato. Premettendo che la vita non è sempre uno spasso o una novità, ma è anche una noia e una rottura di balle colossale affermo quanto segue:

la mia posizione non è di privilegio perché è una precisa volontà che fa di me un osservatore. E di privilegi concreti non ne ho, ho lo stretto necessario. Una volta capito che non si vive di solo pane, mi sono sentito di inseguire la scrittura, fino a quando ha cominciato a mostrare i suoi meravigliosi doni.

Credo che la mediocre routine quotidiana ce la scegliamo noi.

C’è routine e routine. Ad esempio la routine di un uomo che lavora 12 ore al giorno, tutti i giorni, per disperazione, perché non sa cos’altro potrebbe fare è ben diversa dalla routine di chi lavora meno ma riesce a vivere il suo tempo con pienezza. Sono convinto che produrre e lavorare così tanto ci faccia del male. Non è ideologia la mia, ma esperienza sul campo.

Tutti abbiamo una routine ed è normale averla, anche utile. Sforzarsi di non averla è stupido. La differenza sta nella qualità della routine.

A chi si sente costretto in una routine quotidiana oppressiva, mi viene da dire di cominciare a cambiare. Serve coraggio, ma se una persona sta male deve farlo.

La distrazione delle relazioni umane è figlia della superficialità e la superficialità è data dallo sfruttamento dell’effimero. La gente ha paura di osservarsi a fondo, perché non ha gli strumenti per farlo.

La superficialità si combatte con la propria presenza, la propria coscienza, con una forma critica. Un modo per riappropriarsi dell’esistenza è essere critici nei suoi confronti. Il pericolo è di diventare superficiali nella critica. Per esempio quando si distrugge senza proporre, questo è negativo e serve a poco. Bisogna “distruggere costruendo”.


In alto la copertina del libro di poesie "Non avrei mai pensato di diventare" di Michele Morando

Continua domani