martedì 13 luglio 2010

Traumi infantili

Ieri assistendo ad una scena, ho rivissuto un mio trauma infantile. Per carità forse parlare di trauma è esagerato, ma certamente che non possa lasciare un segno nella stato di felicità di un bambino è fuori discussione.

Ero al bar della spiaggia. Da poco era passata l'ora del tè. Del caffè per me, visto che nonostante la calura estiva, non desisto alla quota giornaliera di caffeina. Mentre cerco di leggere nei fondi della tazzina l'arrivo di una perturbazione che mi permetta di riprendere coscienza con me stesso dopo il colpo di sole dei giorni scorsi, vedo entrare dalla porta principale un bambino di sei anni su per giù.

Si dirige dritto verso il bancone dei gelati. Negli occhi l'entusiasmo. Nelle movenze un po' di timidezza. In mano un discreto numero di monetine tenute ben strette.
Ancor prima che il titolare del bar gli si avvicini, avevo già intuito che qualcosa sarebbe andato storto.

Innalzatosi quei cinque centimetri dati dallo stare sulle punte dei piedi per visionare meglio la lista dei gelati stampata sulla tradizionale locandina di latta, indica con la manina il gelato scelto. E' l'inizio della fine.

L'indice destro si posiziona fermamente su un cornetto. "Questo non c'è!" esclama con tono distaccato il titolare. Prima delusione. Lui era entrato per quello. L'aveva scelto tra tutti quei gelati presenti nella lista.
Senza far trapelare la sua insoddisfazione, sposta l'indice, questo volta accompagnato dal medio sulla classica mattonella. "Nemmeno questo c'è!" il titolare replica scocciato.

Gli occhi del bimbo si chiudono per un istante quasi a trattenere delle lacrime. Abbassa anche lo sguardo verso il pavimento per un momento, per tornare poi a fissare la lista dei gelati. Qualche secondo di esitazione e poi punta con l'intera mano, posizionandone il palmo sopra, una coppetta cacao e vaniglia con sorpresa nella parte inferiore della confezione. "Senti bambino non farmi perdere troppo tempo, devi scegliere proprio tra quelli che non sono arrivati?" incalza il titolare.

E' la sconfitta. La fine di un sogno. Il soffocamento di una gioia.

"Allora cosa hai deciso di prendere?"

Tra un misto di disillusione ed angoscia, sussurra "un ghiacciolo". Il titolare controbatte "c'è solo all'anice ti va bene?". Con il solo movimento
oscillatorio della testa dall'alto verso il basso quasi a far cadere il viso (e ogni speranza) allunga le monetine, prende il ghiacciolo e se ne va.

Tutto il resto ormai non conta. Anche lui come me quel dannato giorno non lo dimenticherà mai più.

Sigh sigh.

2 commenti:

Anonimo ha detto...

Betta il caffè com'era?
Se anche quello non era buono, bisogna fargli levare la licenza

ciaoooooooo

markusonthebeach

Anonimo ha detto...

Leggendo questo racconto ho provato sensazioni contrastanti tra il buffo sorriso e l'amara delusione del protagonista... Ho la forte speranza che i giorni a seguire siano meno deludenti!!! ciao ciao