martedì 13 marzo 2012

Caccia a telecomando nero

Non è la prima volta che capita. Così impegnativa però non ho ricordi. Abbiamo iniziato dai posti più probabili. Divano. Sotto. Sopra e pure dentro, tra le pieghe di contatto dei cuscini con i braccioli. Là dove si inabissano le monetine. Il triangolo delle Bermude degli oggetti smarriti. Ma niente da fare.


Allora si è passati ai luoghi di appoggio di passaggio. Tavoli, mensole e ripiani sparsi. Nessuna  traccia, se non un cellulare in disuso, una fotografia rovesciata e un petalo di fiore appassito. Eppure quasi dieci centimetri di telecomando non dovrebbero passare inosservati. Tra il sonno che stava prendendo il sopravvento e l'ansia di non poter spegnere la tv manualmente, iniziava ad affiorare l'ipotesi di un distacco repentino del cavo elettrico. Prima però un'ultima ricerca. 


Ripetizione degli ultimi movimenti fatti nella mezz'ora precedente alla scomparsa e indagine allargata a tutte le stanze dell'abitazione. Zero assoluto. Nemmeno l'ombra di qualcosa di simile. Mentre la stanchezza faceva spazio ad uno stato d'impotenza, un richiamo quasi mistico giungeva dalla libreria. L'ordine alfabetico della narrativa italiana posizionata nella scaffalatura centrale non era corretto. Un Eco precedeva un Carofiglio, ma soprattutto uno spazio lasciato vuoto tra i due faceva presagire qualcosa di anomalo.


Ben posizionato in fondo, con i tasti rivolti verso il basso e il nero della copertura che ben lo mimetizzava, faceva la sua riapparizione. Il caso era risolto. Mancava l'autore di tale crimine, ma la gioia era troppo immensa nel premere il tasto rosso dello spegnimento con ben cinque minuti di anticipo sulla mezzanotte.


Giustizia era fatta.

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