A venti minuti dall'ora del tè, le prime gocce scendevano da un cielo grigio. Alla stessa ora le stesse gocce sembravano lacrime sui visi delusi dei bambini. Erano lacrime alle parole di una madre che ingenuamente liquidava con un "giocherete un altro giorno" il disfatto meteorologico.
A questo punto la tristezza contagiava anche l'unico padre presente. Dopo una deglutizione di presa coraggio e una spannometrica conta dei partecipanti sentenziò: "Si va tutti a casa nostra!". A poco servirono gli sguardi sconcertati delle mamme, le grida dei bambini avevano soffocato ogni dubbio e ridata luce ad una giornata che poca ne aveva vista.
Spostati i divani, allontanate le sedie, eliminati i tavoli e il soggiorno era già diventato un perfetto campo da gioco di sedici metri quadri. Le camere da letto gli spogliatoi e all'orario prestabilito il fischio del giovane padre per l'occasione arbitro, dava inizio al match tra gli otto contendenti.
Fuori continuava a piovere. In casa splendeva il sole.
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