Gli accadimenti irregolari
per chi visita la Mostra del Cinema
Se
ci si ferma a guardare cosa succede in qualunque punto dell’area adibita alla
Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia, può capitare di tutto.
Può
capitare di essere intervistati o d’intervistare. Può capitare di fotografare o
di essere fotografati. Può capitare di acclamare e di essere acclamati, ma
soprattutto può capitare di muoversi o di essere mossi. In che senso? Nel senso
di diventare parte di un movimento. Una specie di transumanza, dove le persone
vagano da destra a sinistra, da nord a sud alla ricerca di qualcosa, che forse
loro stessi non sanno di cosa si tratti.
Ed
ecco che schiere di persone con pass penzolanti al collo si fanno spazio tra la
folla della Mostra del Cinema. Alcuni apparentemente indaffarati. Altri
effettivamente nullafacenti. Altri ancora nel tentativo di non fare ciò che
dovrebbero fare. Tutto questo movimento irregolare, questo caos da addetti al
settore, va ad aumentare il livello di entropia già intrinsecamente presente
per un evento di questa portata.
Tutti
sembrano esseri lì per un motivo. Nessuno è a conoscenza di questo motivo. Ed
ecco che tra fotografi, giornalisti, produttori o semplici cinefili si crea una
specie di linguaggio muto, degno delle migliori tribù indiane. Parola d’ordine
è muoversi. Per andare dove non conta, l’importante è alimentare questo
movimento.
Ora
scappo. Devo andare.
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