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lunedì 12 marzo 2012

Parole povere

Mentre parlavano li guardavo. Non capivo se era una messa in scena o una realtà travisata. Era chiaro che a nessuno dei due interessasse cosa dicesse l'altro. Le parole di entrambi sembravano usate per occupare uno spazio. Un tempo di vita trascorso a recitare. Il dialogo s'infittiva nei momenti di critica. S'inceppava nelle poche risposte veramente sentite.


Era tutto "hai visto quello", "hai sentito dell'altro" e "te l'avevo detto io". Un accanimento verso tutto. Verso tutti. Le uniche lodi erano tirate in ballo per loro stessi, ma anche lì perché erano uno di fronte all'altro, altrimenti anche su questo avrebbero avuto da ridire.


Nel frattempo persone passavano davanti a quel tavolino posizionato centralmente sul plateatico del bar. Non erano di disturbo, anzi questo dialogo distaccato permetteva ai due di salutare  conoscenti, che diventano a loro insaputa materia di discussione. Bastava che le spalle degli "amici" raggiungessero le ore 13, che già la mano aperta usata per il saluto dai due assumesse la forma di un indice accusatorio.


Solo quando essi stesso si alzarono per incamminarsi in direzioni opposte, capii che quel triste spettacolo non sarebbe terminato. Dal sogghigno di entrambi, s'intravedeva nei loro pensieri quanto ognuno stesse biasimando l'altro. 

mercoledì 15 febbraio 2012

L'ironia di Twitter: il lato bello di Sanremo

C'era un unico modo per uscirne fuori. Di fronte ad uno spettacolo televisivo che ha toccato il suo picco più basso (nemmeno L'isola dei Famosi aveva osato così tanto), è stato il cinguettio di Twitter a risollevarne le sorti. L'iniziale critica degli utenti si è trasformata in una sorta di commento talmente ironico, da rendere digeribile lo scempio che accadeva sul piccolo schermo.


Gli autori di questa edizione del Festival di Sanremo sono stati soppiantati da una schiera di persone normali che in un evidente imbarazzo e incredulità di fronte a ciò che accadeva, ha saputo reagire nel modo migliore: utilizzare l'ironia.


E' così che graffianti battute alternate a divertenti riflessioni hanno reso non solo digeribile la trasmissione, ma anche l'unica modalità per poterne sopportare la visione. Ora ho capito perché i comici prendono spunto, quando non saccheggiano, ciò che viene scritto su Twitter. Praticamente è un naturale serbatoio di potenziali autori. Certo i tweet non servono solo a questo. Hanno finalità molto più nobili se confrontate all'utilizzo ad esempio che ne viene fatto dalle zone di guerra. Comunque sia, ieri sera ha confermato, qualora ce ne fosse stato bisogno, che è il social network per eccellenza per commentare un evento in diretta.


Quasi dimenticavo su Twitter si è parlato anche di canzoni. Meno del previsto dal momento che l'allucinante sermone di Celentano ha occupato più di un terzo della serata. Rimane solo l'amarezza per una produzione televisiva il cui rapporto qualità/costi è tragicamente sbilanciata a favore dei secondi. Ma questo è un altro capitolo. Sicuramente meno ironico.

martedì 26 luglio 2011

La venticinquesima ora

Cucina sistemata. Aspirapolvere passato. Pranzo per il giorno dopo preparato. Cambio dei bambini tirato fuori. Altra lavatrice riempita. Non rimane che stirare. E mentre nel soggiorno prende forma una montagna di panni, inizia la venticinquesima ora di una donna.


Per carità magari c'è l'aiuto del marito - "cara dove va messa la tovaglia... e i pigiami dei bambini" - ma al di là di questa "preziosa" collaborazione, la mole di lavoro è ugualmente ragguardevole.


Se a questo aggiungiamo che queste faccende di casa, arrivano al termine di una giornata passata in ufficio, non sempre l'umore giustamente risulta dei migliori.


Per fortuna però che anche in questo caso arriva in soccorso lui. Tra uno smistamento e l'altro, fa una pausa per una telefonata, uno zapping televisivo, un'ultima sfogliata al quotidiano e perché no, uno sguardo d'amore verso la sua amata (stranamente non ricambiato).


Il momento topico viene raggiunto però quando, mentre lei è nel pieno della concentrazione per l'ultimo colletto della camicia da stirare, immersa nel vapore, con qualche goccia di sudore sulla fronte e le gambe che a stento sembrano ancora reggerla, lui con aria disinvolta, fissando il polsino destro della camicia penzolante dall'asse da stiro enuncia, non prima di aver fatto un sospiro rammaricato: "... sai cara... senza nulla toglierti... mia mamma le camicie me le stirava meglio".


Risposta: "C E N S U R E D".

giovedì 20 novembre 2008

Ma cosa ti è successo?

Dopo cinque anni mi sono tagliato i capelli. Non l’avessi mai fatto. Non tanto perché non mi piaccia con i capelli corti, ma è sull’effetto sorpresa che ha provocato in chi mi ha visto.

Iniziamo con il tragitto dalla parrucchiera a casa. Nonostante il cappellino in testa, vengo fermato da sei persone. Se pensate che la distanza salone–casa non è più di cinque minuti, direi che è una buona media.
Ma cosa ti è successo?”; “cosa hai fatto?”; “non dire che ti sei tagliato i capelli”; “beh sai che ho fatto fatica a riconoscerti”; “comunque non stai male”, “ti fa più giovane”.
Sono solo alcune delle frasi che mi hanno rivolto.

A casa è quasi la tappa più semplice. Trovo mia moglie che mi accoglie con: “Oh finalmente, era ora. Ora sì che mi piaci”. Poi è il turno di ritirare i bimbi. Entrambi rimangono un po’ perplessi, ma poi senza dire nulla capiscono che sono io e mi abbracciano. Atteggiamento molto ben diverso da parte delle maestre e dei genitori presenti, che esordiscono con espressioni molto simili alle precedenti.

Ma il bello viene il giorno dopo al lavoro. Avendo la scrivania che guarda alla porta, non manca un collega che non passi, si ferma ed enunci le cantilene sentite il giorno prima.

Tutto questo accade a me che detesto essere al centro dell’attenzione.
Ora mi si presentano due soluzioni. O me li tengo per sempre corti oppure me li faccio crescere e non li taglio più.

Che dite, preferenze?