martedì 15 maggio 2012

La battuta smarrita

C'erano due modi per venirne fuori. Il primo era ridere. Il secondo lo si era dimenticato. Come dimenticate erano le battute, quelle che dovevano sottolineare uno dei passaggi topici di quell'opera. 


Lo sguardo di lui era perfettamente concentrato nel vuoto. Fisso, verso quell'angolo di soffitto in fondo a destra, dove sperava che prima o poi scendessero quelle parole che gli mancavano. Erano sette i secondi trascorsi. Potevano ancora apparire una pausa per aumentare il pathos. Allo scandire del quindicesimo non più. 


In sala un sottile brusio iniziava a percepirsi, fu allora che lei iniziò a ridere. Sempre più forte quella sua risata andava a riempire un silenzio che nell'imbarazzo sembrava oramai imbrigliato. Anche il pubblico trasformò il rumore in riso, ma il capolavoro avvenne quando da tutta quell'allegria, lei iniziò a tirar fuori parole che avevano la forma di un salvagente e la consistenza di uno straordinario fuori copione.


In questa ascesa d'improvvisazione arrivò infine l'assist finale. Con un interrogativo, imboccò   la risposta all'interno della quale erano presenti quelle parole smarrite. Lui di scatto abbassò il collo, per poi indirizzarlo verso di lei. Il gioco era fatto. Lo spettacolo poteva andare avanti, con esso l'emozione per una rappresentazione ben interpretata. Silenzi compresi.

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