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giovedì 31 marzo 2011

Don't disturb

8:22, all'interno di un mezzo pubblico. Il padiglione auricolare destro viene investito da un "ei... oh... ah". Non è il ritornello del Disco Samba che si balla sistematicamente ogni capodanno facendo il trenino. Sono le prime tre sillabe urlate dal mio vicino di viaggio, rispondendo ad una chiamata al suo telefonino.


Ho quasi un sussulto. Per carità è da un paio d'ore che sono già sveglio, però sono ancora in quella fase definiamola di riconciliazione con il mondo. Quella dove cerchi di visualizzare un giardino dell'Eden chiudendo gli occhi. 


Questo attacco verbale di decibel interrompeva la suoneria del "buon uomo". Shakira. Anch'essa a volume sostenuto. Così, tanto per allietare tutti i presenti. Presenti che tra l'altro non è che fossero insensibili alla cosa. Poco prima erano  partite due suonerie, degne della miglior sirena di fine turno in fabbrica. Oltre ad un tentativo di Amanda è libera, soffocato fortunatamente sul nascere, prima dell'acuto di Al Bano.


Tutto ciò purtroppo è la normalità. 


Non esiste più un codice etico/comportamentale di come si deve stare in presenza di altre persone. Compagni di viaggio. Non scelti, ma obbligati. Chi ti sgomita perché deve stendere bene le pagine del quotidiano da leggere. Chi ti deposita zaini, borse e borsoni direttamente sul viso. Per non parlare di coloro che conosci a malapena, ma che ti costringono ad una conversazione (quasi sempre monologo) mai richiesta.


Ho un'idea la prossima volta porto in viaggio con me il mio vecchio mangiacassette. Ve lo ricordate quello che richiedeva ben otto batterie giganti? Quello per intenderci che i rapper americani negli anni '80 si appoggiavano sulla spalla? Bene prendo uno di questi e al mio tre premo play dopo aver regolato al massimo il volume.


Che canzone metto? Naturalmente Disco Samba, così magari improvvisiamo anche una coreografia!




martedì 19 gennaio 2010

Confusione

Ore 23.20. Si è appena conclusa la fiction Lo scandalo della Banca Romana. Tra qualche istante inizia la puntata di Porta a Porta dedicata alla "beatificazione" o meno di Craxi.

Sono stanco. Prima di coricarmi mi affaccio, come ogni sera, nella stanza dei bimbi. Li guardo nella penombra. Ascolto il loro respiro. Cerco di captarne i pensieri. Ne catturo solo una sensazione: l'innocenza.

Non si tratta solo di retorica. Non è solo un dibattito inconcludente sulla questione morale. La posta in gioco è molto di più. Onestà, che parolone. Un termine semplice da dire, tremendamente difficile da impersonificare.

Qualche settimana fa ho pure dovuto sostenere un acceso confronto tra la mia visione speranzosa di un mondo migliore e chi forse, non cinicamente, ma solo più concretamente di me, non vede rimedio alle ingiustizie nella nostra esistenza. "Quando tutti sono colpevoli, nessuno è colpevole".

Non può essere così. Non deve essere così. Sono per i lieti fini. Per una giustizia che fa il suo giusto corso. Per l'essenza positiva del genere umano. Però, sono un po' confuso. Sarà colpa della stanchezza di questa giornata che sta volgendo a termine. Sarà.

Mi adagio sul letto e spengo la luce. Inizio a sognare, con la speranza che tutto ciò non rimanga solo tale.