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giovedì 26 gennaio 2012

Apro gli occhi e ti penso

"Apro gli occhi e ti penso...". Non può essere stata scritta appena svegli. O comunque non può fare riferimento al momento del risveglio. Perché anche nell'accezione più romantica, non può esistere che il primo pensiero sia così ben definito e così tenero.


A prescindere che voi abbiate un risveglio veloce o meno, c'è proprio quell'arco di tempo necessario a capire cosa sta succedendo, chi siete, dove volete andare e perché dovete andare. Non sono domande esistenziali, ma incertezze del primo mattino. 


Sono gli istanti nei quali si fa fatica lasciare il proprio caldo letto. Dove le coperte sembrano l'unico riparo possibile e il cuscino l'invenzione più meravigliosa. Frazioni di secondo dove le palpebre trovano qualche difficoltà nell'aprirsi e le gambe a stento vogliono toccare terra. Spesso ad infierire in tutto ciò c'è pure una sveglia. Il primo contatto sonoro con un mondo fino a quel momento fatto esclusivamente dal suono dei propri sogni.


Se poi capita di essere particolarmente stanchi, di essere andati a letto tardi o di aver dormito male, con quel senso di apparente cognizione, ci si chiede se effettivamente sia giunta l'ora della levata. C'è sempre la speranza di un errore. E quando di errore non c'è traccia, una manciata di minuti però vengono rubati. Il bottino più grande. 


E' una questione infinitesimale. Superato questo scoglio poi la giornata è in discesa. Citando uno storico settimanale, poi sono sorrisi e canzoni. Questo almeno per me. In alcune persone vedo che il tempo di ripresa è leggermente più lungo. Di solito queste è meglio evitarle, almeno fino all'ora di pranzo o giù di lì.


Buongiorno!

mercoledì 9 febbraio 2011

Il tracciato più impegnativo

Su per giù saranno cinque metri. Forse qualche decina di centimetri in meno. Subito una curva a destra, breve rettilineo e la chicane finale che porta all'arrivo.


La visibilità non aiuta. Con le luci principali rigorosamente spente, rimangono i led rossi degli elettrodomestici gli unici riferimenti. Ma questo poco importa. E' un tracciato che si conosce a memoria. Si potrebbe fare ad occhi chiusi, come spesso capita.


Il momento più difficile sicuramente la partenza. La stanchezza ha preso pieno possesso del corpo e lo spirito ha già iniziato a sognare. Ecco che in queste condizioni, staccarsi da un divano avvolgente diventa un'impresa. 


Cuscino piccolo sotto le ginocchia e quello più grande a stampare i ghirigori sulla guancia sinistra. La coperta, rigorosamente imbottita, imbalsama un corpo raffigurante una "S" mal riuscita.


L'impossibilità di trovare una giustificazione degna di tale nome, da comunicare all'indomani al resto della famiglia, permette uno slancio per rimettersi in piedi. Dopodiché trovate le ciabatte e calzate correttamente inizia la discesa verso la camera da letto. 


Al metro 3,25 il sistematico pit stop. Stando sotto i due minuti si lascia il bagno per riprendere la strada per la camera da letto. Infilata a piena velocità la porta d'arrivo ed evitando lo spigolo "assassino" del letto, si taglia trionfalmente il traguardo.


E pensare che da bambini ci si poteva addormentare sul divano e poi magicamente ci si risvegliava nel proprio lettino. Ah, che bei tempi!