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giovedì 31 maggio 2012

Io ci sarò

Gli teneva la mano mentre il respiro lentamente tornava alla sua normalità e gli occhi dalla stanchezza si chiudevano. Là fuori tuoni e lampi imperversavano nel cielo. In quella stanza invece il silenzio aveva preso il posto di un pianto e di consolatorie parole. Erano i pensieri ora a prendere il timone di una notte particolare. Una notte nella quale alla paura di un figlio il padre aveva dovuto rispondere con umana fermezza, mettendo da parte le proprie insicurezze e issando la bandiera del coraggio. Poco importava se fosse un semplice mozzo, ora doveva indossare gli abiti e non solo del capitano.


Dopo pochi minuti lontano sembrava quell'incubo portato dal sonno, ma forse iniziato molto prima. Più si accorgeva che il suo piccolo uomo aveva abbandonato in mare quei cattivi pensieri, più il frastuono del temporale si allontanava. 


Ad un tratto iniziò a pensare a tutte le volte che lo aveva visto spensieratamente ridere. Così per stemperare la tensione di un momento, ma forse anche nell'inconsapevole tentativo di trasferirgli serenità attraverso l'unione di quelle due mani. Una a fianco all'altra, disinteressandosi completamente che una fosse più del doppio dell'altra.


Accertatosi che tutto fosse tranquillo, si alzò per abbandonare la stanza, non prima di regalarsi un sorriso che asciugava una lacrima non caduta.


martedì 22 maggio 2012

L'arcobaleno

Era come della polvere che gli si depositava addosso. Una nebbia sottile che gli offuscava la vista. Un'interferenza artificiale per le emozioni del cuore. Oggi, come ieri e forse ancora per domani. Gli occhi intercettavano solo i titoli di quelle notizie, per poi soffermarsi sulle immagini che seppur in bianco e nero, non perdevano d'intensità. Se non fosse stato sufficiente il giornale, ci avrebbe pensato la televisione a ricordare il tutto. E anche nel tratto che lo divideva da casa il radiogiornale aveva strappato il palcoscenico alla musica.


Non era bastato chiudere quelle pagine e abbassare i volumi degli altri mezzi, per riprendere possesso con se stessi. Era quello il mondo che gli avevano imposto. Niente e nessuno si sarebbe potuto esimere da una scenografia già montata e una sceneggiatura già scritta. Anche la pioggia quel giorno sembrava cadere ad un ritmo di insolita insofferenza, mentre il cielo si avvolgeva in quel suo abito grigio.


Al semaforo l'arresto fu totale. Il rosso sembrava essere giunto al momento più opportuno. Il respiro affannato lasciava le sue impronte sul vetro. Con le tre dita della mano sinistra cercò di togliere traccia di ciò. Fu così che il suo sguardo oltrepassò il finestrino per imbattersi nell'interruttore dei suoi sentimenti. Due giovani ragazzi completamente indifferenti alla pioggia si lasciavano andare ad un bacio voluto. Era quello l'arcobaleno che stava attendendo. Il verde arrivò, il cuore riprese il suo battito e la sua mente tornò ad essere libera.


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giovedì 10 maggio 2012

Un gioco di squadra

Uno annuisce. Non c'è bisogno che parli. I suoi occhi stanno già rispondendo. Intanto l'altro pensa per poi far uscire una domanda perfetta. Un altro ancora prende parola disegnando nell'aria una frase esclamativa che a sua volta prende una forma interrogativa. E' così che il primo riprende possesso del dialogo per poi ricominciare a smistarlo.


E' questo quello che succede quando tre persone s'incontrano dialogano tra sé per un pubblico presente. Condividono, promuovono, traghettano pensieri. Alcune volte solo accennandoli, altre volte nella loro completezza, comunque sia con una continua attenzione che giungano a destinazione.


Si chiama gioco di squadra. Si basa sull'intesa. Si interpreta in maniera corale e prende forma con la parola. Sono poche le condizioni richieste. Affinità. Entusiasmo. Voglia di comunicare.


Le cose difficili non sembrano più tali. Le cose semplici si affrancano dall'essere banali. Sono dialoghi che potrebbero non aver fine. Anzi più il tempo trascorre più si amalgamano. La soddisfazione finale accomuna tutti. Relatori e presenti. Come in una festa dove la parola è la protagonista principale.

giovedì 12 aprile 2012

Carezze d'aria

Certo che quel vento aveva qualcosa di particolare. Si gettava sui corpi delle persone come una magica energia. Ne rendeva i movimenti morbidi. Faceva apparire sinuosi, semplici goffi gesti. 


Accarezzando il terreno depositava germogli di vitalità. Riprendendo il suo volo verso il cielo spazzava via pensieri di intensa complicanza. In questo suo continuo alzarsi e scendere innescava ritmi sonori piacevoli. Come una fisarmonica ad ogni passaggio faceva scaturire una nota. 


Gli sguardi sorpresi dei passanti assumevano pian piano un tono di compiacimento. Non riuscivano ancora a definire cosa stesse succedendo, ma in loro non c'era paura. Solo un sentimento di profonda serenità.


Anche l'aquilone di un innocente bambino, dopo un inizio di mancanza di controllo, disegnava nell'aria forme mai viste. Il suo danzare da un punto all'altro regalava una nuova forma d'arte.


Era un risveglio. Totale. Globale. In grado di rendere reale tutto ciò che sembrava impossibile. Era uno slancio verso il futuro. O forse solamente un ritorno alle proprie origini.


Intanto continuava a soffiare.

giovedì 9 febbraio 2012

Parlami d'amore

Quando ricorderò ciò che è stato
quando sono lontano da te
quando sorrideremo per ciò che sarà.


Quando ti sembrerò stanco
quando il silenzio sovrasterà le mie parole
quando i tuoi occhi vedranno me.


Quando sei certa di avere ragione 
quando pensi che potrebbe essere sbagliato
quando un torto non c'è.


Quando hai imparato ad amarti
quando ricorderai il perdono
quando dimenticherai l'orgoglio.


Quando non ci sarà oramai
quando il continuo sarà un nuovo inizio
quando domani è oggi.


Parlami d'amore. Il mio ascolto parlerà con te.

martedì 31 gennaio 2012

Tempi diversi di vita reale

Quanti di noi vorrebbero conoscere i pensieri degli altri? Alcune volte per necessità, altre solamente per curiosità. Le cosiddette parole non dette. Quelle che spesso hanno un valore anche superiore alle esplicitate. Capita con chi si conosce molto bene, ma non solo. Magari anche uno sguardo rubato incrociando una persona per strada. "Chissà dov'è effettivamente con la mente?", ci si chiede vedendola presente solo fisicamente.


Senza spingermi troppo in là, ieri mi è capitato di fare un esercizio. Un gioco. Novanta secondi. Il tempo di attesa che il semaforo per dei lavori in corso tornasse verde. In quel frangente mi sono appuntato quali fossero, a mio avviso, i pensieri delle persone in quel momento vicino a me. I passeggeri dell'auto dietro la mia. Una madre alla guida con tre bambini che fuoriuscivano dalle retrovie. L'anziano signore che passeggiava da solo sul marciapiede. Infine una giovane coppia di fidanzati.


Al di là di quello che ho scritto, la cosa straordinaria che mi è venuta naturale fare è stata l'utilizzo dei tempi verbali differenti. Nel descrivere i pensieri della madre ho utilizzato un condizionale abbinandolo ad un futuro. Per l'anziano signore un passato. Il passato remoto. Per i giovani come per incanto invece, il presente. I loro pensieri erano quello che in quel momento stavano vivendo. Un tenero, ma caloroso abbraccio.


Poi è giunto il verde e ho ripreso in mano i miei di pensieri. In che tempo? Beh provate a giocare voi ora.

giovedì 26 gennaio 2012

Apro gli occhi e ti penso

"Apro gli occhi e ti penso...". Non può essere stata scritta appena svegli. O comunque non può fare riferimento al momento del risveglio. Perché anche nell'accezione più romantica, non può esistere che il primo pensiero sia così ben definito e così tenero.


A prescindere che voi abbiate un risveglio veloce o meno, c'è proprio quell'arco di tempo necessario a capire cosa sta succedendo, chi siete, dove volete andare e perché dovete andare. Non sono domande esistenziali, ma incertezze del primo mattino. 


Sono gli istanti nei quali si fa fatica lasciare il proprio caldo letto. Dove le coperte sembrano l'unico riparo possibile e il cuscino l'invenzione più meravigliosa. Frazioni di secondo dove le palpebre trovano qualche difficoltà nell'aprirsi e le gambe a stento vogliono toccare terra. Spesso ad infierire in tutto ciò c'è pure una sveglia. Il primo contatto sonoro con un mondo fino a quel momento fatto esclusivamente dal suono dei propri sogni.


Se poi capita di essere particolarmente stanchi, di essere andati a letto tardi o di aver dormito male, con quel senso di apparente cognizione, ci si chiede se effettivamente sia giunta l'ora della levata. C'è sempre la speranza di un errore. E quando di errore non c'è traccia, una manciata di minuti però vengono rubati. Il bottino più grande. 


E' una questione infinitesimale. Superato questo scoglio poi la giornata è in discesa. Citando uno storico settimanale, poi sono sorrisi e canzoni. Questo almeno per me. In alcune persone vedo che il tempo di ripresa è leggermente più lungo. Di solito queste è meglio evitarle, almeno fino all'ora di pranzo o giù di lì.


Buongiorno!

giovedì 15 dicembre 2011

La notte porta consigli

Anche troppi, certe volte.


Si era coricato da un paio d'ore. Immediatamente il sonno lo aveva sorpreso, catturandolo in uno stato di profondo riposo. Apparente però. Alla mezzanotte da poco passata, come in un incantesimo rovesciato gli occhi iniziarono a puntare il soffitto. Solo il buio, lo convinse che era il caso di richiuderli, ma il pensiero non era assolutamente della stessa idea.


Iniziarono così a sfrecciargli idee, interrogativi e qualche risposta. Più si concentrava nel voler riaddormentarsi, più la sua mente assumeva l'attenzione degna di una riunione plenaria. Il tempo trascorreva inesorabilmente, ma del sonno nessun segnale. Mentre erano i progetti, le ipotesi e le valutazioni a farsi sempre più strada. Questa cosa non lo agitava, anzi gli sembrava un modo diverso per vivere la notte. 


Ad un certo punto però, quando l'orologio sembrava più incline al giorno, pensò pure di abbandonare il letto. Magari per mettere su carta tutti quei consigli. Desistette, dal momento che comunque il corpo sembrava avvertire un torpore di stanchezza non indifferente.


Quando oramai la rassegnazione aveva preso il sopravvento, il totale cedimento. Solo al terzo tentativo di allarme della sveglia, riprese coscienza e la consapevolezza che doveva alzarsi. 


A stento si trascinò in cucina per la colazione. Sul tavolo ad attenderlo quel poco che era rimasto della peperonata della cena della sera prima. Tutto gli risultò più chiaro. Compresa la notte trascorsa in bianco.

martedì 29 novembre 2011

Perché l'uomo è un pericolo al volante

Ogni promessa è debito. Dopo aver parlato della lei, oggi metteremo a fuoco i motivi per i quali un uomo è un pericolo al volante.


Partiamo subito con il primo punto, lo spirito di competizione. Li vedi affiancati al semaforo. Fermi. Imperturbabili. Con lo sguardo fisso sul semaforo e i piedi reattivi tra la frizione e l'acceleratore. Manca solo il giudice con la bandiera a scacchi e poi potrebbe essere una gara in tutto per tutto. Perché l'importante, è scattare per primi quando arriva il verde. Magari anche dando qualche metro "all'avversario", che inviperito, lo si vede allontanarsi dallo specchietto retrovisore. 


Seconda cosa, il pensiero. Sì perché vantandosi delle loro capacità automobilistiche, la loro completa sicurezza, gli permette di poter pensare ad altro mentre guidano. Il collega insopportabile. La collega simpatica. Il dopo ufficio. La partitella a calcetto. L'aperitivo con gli amici. La serata desiderata. E intanto mentre i pensieri sovraccaricano il cervello, l'attenzione si allenta sulla guida.


Ma infine il pericolo più grande arriva dall'esterno. Ecco che vengono rapiti dall'ultima mega affissione di Intimissimi o di Silvian Heach (di quest'ultima per chi non ricordasse l'immagine un invito a gugolare). E' qui che la tragedia si compie. Teste di apparenti uomini distinti che sfidando le forze muscolari dell'anatomia umana, nel tentativo di seguire l'immagine dall'avanzare fino al suo completo defilarsi. Ed è in quel preciso istante che il capo maschile si trova rivolto all'indietro in una posizione da retromarcia, con l'autovettura però che avanza.


Per concludere, diffidate dell'uomo con il cappello. In questo caso l'eccessiva prudenza potrebbe essere letale.


Vroom vroom.

giovedì 3 novembre 2011

Con la mano nell'aria

Forse tutti lo hanno fatto da bambini. In tanti lo fanno ancora da adulti. Quella mano che gioca nell'aria. Che compie acrobazie degne delle Frecce Tricolori. Che realizza le più svariate forme con la complicità della fantasia. Che rimbalza nell'aria come farebbe un surfista californiano.

Basta un po' di velocità e quella mano decolla nel cielo per poi planare e ridisegnare nuove traiettorie. Nuovi confini. Il braccio funge da unico legame con il terreno. Come lo è il filo per un aquilone. Nonostante ciò quella mano appare libera di esprimersi. Libera di andare. Libera di volare.

Normalmente non ha molto pubblico. Ha uno spettatore d'eccezione però. E' colui che ha deciso di regalarsi un momento di spensieratezza. Di gioia. Di voglia di creare. E' un gesto o meglio sono più gesti, tutti armoniosamente calibrati. In alcuni casi si vuole riprodurre qualcosa. Nella maggior parte nulla. Ed è proprio allora che si realizzano le forme più straordinarie.

La mano che volteggia nell'aria porta con sé  dei viaggiatori. Sono i pensieri. Quei pensieri che trovano lo spazio di descriversi in una porzione di cielo, ai nostri occhi, infinita.

Vola mano. Vola.

giovedì 27 ottobre 2011

Non è mai abbastanza

Guardare nel cielo le stelle brillare
Fissare il tramonto che rapidamente se ne va
Imparare nuove cose


Ascoltare le onde che sbattono sulla battigia
Sentire il dialogo tra due bambini
Sfiorare il viso dell'innamorata


Chiudere gli occhi per sognare
Aprire la mente per realizzare
Ricordare i profumi del bucato


Annusare gli aromi della domenica
Assaggiare un nuovo alimento
Abbuffarsi del proprio piatto preferito


Cantare in auto il mattino
Sussurrare serenate la notte
Capire che il tempo scorre


Condividere
Ridere
Amare


Non è mai abbastanza.

giovedì 16 giugno 2011

Luna Rossa



Non avevo ancora iniziato a  complimentarmi con lei, che già arrossiva. Superato questo imbarazzo iniziale, non attesi ulteriormente per dichiararmi. 


Con gli occhi puntati su di lei iniziai a sussurrarle delle parole. Non avevano un particolare significato. Sembravano suoni. Forse lo erano.


Lei mantenendo quel suo rossore, si faceva spazio tra i tetti delle case. Mentre i miei suoni s'intensificavano, lentamente si avvicinava a me.


A sostenere questa sua venuta un vento. Un caldo vento d'estate. Esso accarezzava il mio viso e regalava ulteriore splendore a lei.


Nonostante in tanti l'avessimo desiderata, sembrava concedersi solo a me. Almeno era quello che pensavo.


Giunta a pochi metri di distanza, allungai le mani verso di lei come per abbracciarla. Come per farla mia. 


Proprio in quel momento mi accorsi di non essere solo. Migliaia di mani erano rivolte al cielo. Migliaia di sguardi erano puntati all'insù. 


Ecco svelato il perché di quel suo purpureo colore.


All'improvviso il vento cambio direzione riportandola lassù. Dov'era giusto che fosse.


Le braccia dei presenti prima di essere riportate nella loro naturale posizione, si fermarono all'altezza del petto e un lungo applauso cominciò. 


Era l'applauso per un amore mancato, ma che ugualmente per qualche istante una grossa emozione aveva regalato.


Terminato lo spettacolo sembravamo tutti più vivi. Consapevoli che da quella sera, con tutti noi stessi ci saremo dati alla nostre persone amate.


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mercoledì 27 aprile 2011

Il doppio viaggio

E' uno dei luoghi ideali. Mentre il contachilometri avanza, avanzano anche i nostri pensieri. Proprio così, mentre le mani afferrano il volante e lo sguardo è concentrato sulla strada, la mente procede per la sua direzione.


E' il doppio viaggio. Capita quando si affrontano lunghi tratti. Capita nel breve tragitto casa-lavoro. Ad innescarlo basta poco. Una canzone dall'autoradio. Un paesaggio attraversato. Una scena di vita all'incrocio di una via. O molto più semplicemente il silenzio.


E' il fascino del mettersi in movimento. Verso una meta. Oppure no. Comunque sia questo spostamento fisico, ne crea pure uno mentale. Ha qualcosa di spirituale, l'irrazionalità del pensiero nel sentirsi libero di vagare.


Stranezza e piacevolezza. E' forse questo il binomio più rappresentativo di una situazione che non è facile da replicare in contesti diversi. Non succede di fronte alla TV o al monitor di un computer. Necessità proprio di uno spostamento. 


Partire per mettere in moto anche la nostra mente. Poi una volta tornati, come si fa con le fotografie scattate in viaggio, è necessario archiviare i nostri pensieri. Per ricordare. Per condividere. Per accendere il desiderio di una nuova partenza.


(Tornando a casa)

lunedì 18 aprile 2011

Luce lunare

Sistemo le ultime cose. Computer in borsa. Cellulare in carica. Cuscini sul divano in posizione originale. Non rimane che spegnere l'unica luce rimasta ancora accesa, quella della cucina. Prima però un bicchiere d'acqua. Dopodiché buio.


Ma non è così. Un fascio di luce illumina il soggiorno. Mi accosto alla finestra. Guardo fuori. Una luna non piena, ma di una magnificente intensità, dà nuova forma a tutto ciò che incontra. 


Il cielo sgombero da nuvole, con il suo tono scuro, sembra il palcoscenico ideale per la serata.  Il palco di un altisonante teatro pronto ad ospitare un'interprete d'eccezione. Lei dal canto suo, appare proprio come una vera e propria diva.


Attorno a sé un alone di lucentezza. Davanti a sé una platea incantata di case, alberi e sguardi. Sguardi di persone che come me saranno rapiti dalla sua presenza. Sicuramente saremo in tanti in questo momento a puntarle gli occhi addosso.


Il suo è un monologo di luce. Anche le ombre smettono di muoversi in sua presenza. Nessuno parla. Io stesso trattengo il respiro per non disturbare questa sua rappresentazione. Nonostante ciò un dialogo avviene. La sua luminosità è ricambiata dal flusso dei pensieri. I pensieri di coloro che la stanno guardando con tanta meraviglia.


S'innesca quasi un circolo virtuoso tra la sua luce e i nostri pensieri. Maggiori sono questi ultimi a salire verso di essa, più lei aumenta la sua intensità. Più aumenta la sua intensità, più fioriscono desideri in coloro che sono lì a guardarla.


Ad un certo punto sembra quasi strizzarmi un occhio. Come ad augurarmi una buona notte. Come a volermi dire "dormi tranquillo che i tuoi sogni si realizzeranno". 


Con questo augurio speciale, me ne vado a dormire. Rimane lei a vegliare su di me e chissà magari domani al mio risveglio sarò pronto a rendere realtà ciò che a lei ho teneramente confidato.


Intanto, buona notte anche a te, luna.

mercoledì 2 febbraio 2011

Vita da cassiera

Sono affascinato da certe professioni. I motivi sono i più disparati. In questo caso forse perché la vedo una cosa, apparentemente, molto lontana da me.


Mentre in fila aspettavo il mio turno, non riuscivo a distogliere gli occhi dai movimenti che compiva la cassiera. Un ripetuto passaggio di prodotti scandito da un terrificante bip. L'atto del pagamento rappresentava la pausa prima della sistematica ripresa. Le poche parole esternate prendevano la forma di "ha la tessera?", "sono ... euro" e un "vuole i bollini?". Poi silenzio.


Tutto questo avveniva nel totale distacco. Nella più completa estraniazione. Era come se quello che stesse facendo fosse animato solo dalla sua parte fisica, mentre i pensieri erano chissà a quante miglia di distanza.


Non voglio parlare di lavoro alienante. Certo che però siamo un po' agli antipodi, rispetto alla direzione di una società iperconnessa e che fa della comunicazione la sua punta di diamante. E' un po' tornare indietro all'era industriale e al lavoro a catena delle fabbriche.


Poi però ho voluto interpretare in maniera diversa questo naturale isolamento. Mi è venuto in mente il caso letterario di un paio d'anni fa. Una cassiera della grande distribuzione francese che ha raccolto prima in un blog, poi in un libro diventato bestseller, tutti i pensieri e gli aneddoti della sua vita da cassiera.


Ecco da oggi voglio proprio immaginarmele così le cassiere. In quel loro silenzio e distacco, c'è tutta l'attenzione nel "registrare" ciò che accade attorno a loro. Prendono mentalmente nota di tutte le situazioni originali che ogni cliente si fa involontariamente protagonista. A casa mettono tutto su carta e poi saranno pronte a pubblicare la loro esperienza di vita.


A questo punto inizio a preoccuparmi però. Chissà cosa scriveranno di me. Non gli ho tolto lo sguardo di dosso nemmeno un momento. In che categoria di clientela mi faranno rientrare?

martedì 11 gennaio 2011

Ciaspole e pensieri

Mentre un piede affonda nella neve, un altro è pronto a risollevarsi. Passo dopo passo. In un movimento perpetuo che ti fa avanzare per un bianco sentiero.


La fatica non trova sfogo. La catarsi dell'anima ha la meglio. La mente si svuota da quotidiani ingombri. Il respiro si fa più profondo nel tentativo di inspirare ogni singolo attimo. Le ciaspole sono le uniche fidate compagne. Per il resto è un viaggio in solitario.


Il silenzio circostante amplifica il rumore della nostra singola presenza. E' la prova della nostra esistenza. La dimostrazione della nostra unicità. Nella quiete più assoluta, il fragore di sentirsi vivi.


Si avanza di qualche metro. Le essenziali insegne del percorso lo attestano. Anche il sole che filtra dalle cime degli alberi fa cambiare inclinazione alle ombre. Sono trascorsi quaranta, cinquanta minuti. Ma non è l'orologio a scandire il tempo qui. E' il battito del cuore a dare il ritmo alla giornata.


Lo sguardo è fisso in avanti. Come a cercare risposte a tanti nostri interrogativi. Da un momento all'altro sembra arrivare l'incontro. Per una volta le indicazioni non cadono dal cielo. Ma è solo una sensazione. Più si va avanti più si ha la certezza che il vero incontro è con se stessi.


Intanto la ricerca continua. Dietro di noi le impronte del nostro cammino. Davanti, la bellezza di un futuro da scoprire.

lunedì 31 maggio 2010

Tra cielo e mare

Lo sguardo rivolto verso il cielo. L'udito all'ascolto del mare.

Le nuvole passavano in perfetta fila indiana. Sembravano degli scolaretti con il grembiule bianco ordinatamente incolonnati a due a due per manina. Sì è vero alcune erano più grosse, altre più sottili. Certe sembravano più vivaci, mentre alcune apparivano più timide nel loro avanzare. D'altronde non sono così anche i ragazzini.

Le onde del mare invece suonavano. Nel loro infrangersi sulla battigia emettevano una musica simile ad una coinvolgente bossa nova. Non era un singolo musicista, ma un'intera orchestra e si distingueva perfettamente il suono corale da quando invece c'erano degli assoli riservati. Era il direttore a dare il tempo. E chi meglio del vento poteva interpretare questo ruolo di regista.

I minuti trascorrevano, ma poco contava. In quel frangente anche le lancette dell'orologio sembravano volersi prendere una pausa dalla loro continua corsa circolare.
Tutto ruotava attorno a quei due elementi, perfettamente mischiati. Tra cielo e mare tutto si muoveva, tutto andava avanti, tranne i pensieri, che per una volta tanto si ritrovavano spettatori di uno spettacolo ancor più grande di loro.

Solo un'altra cosa aveva trovato un varco tra questi due naturali protagonisti, il respiro. Solo lui era riuscito a prendere le movenze delle nuvole e il ritmo delle onde, quasi a diventar un tutt'uno con loro, mentre tutta la fisicità del corpo si era lasciata andare a favore di uno spirito troppo spesso legato.

Tutto ciò tra cielo e mare.

martedì 4 maggio 2010

Dall'alto in basso


Ma come ci vedranno da lassù?
Sono innumerevoli le situazioni reali o meno, che riconducono ad una visione di noi dall'alto in basso.

Gli astronauti che hanno oltrepassato la sfera terreste sicuramente sono tra i più titolati a dire la loro sul tema. Rimanendo a distanze "normali", ognuno che ha fatto almeno un viaggio in aereo può esternare le proprie considerazioni sui ridimensionamenti delle cose sbirciate dal posto a fianco al finestrino.

Perché non considerare il punto di vista degli uccelli che volano liberamente nel cielo o le opinioni astrali delle stelle che in questo momento mi salutano dalla finestra. Naturalmente seppur eterea, la visione degli angeli non è di
secondario rilievo.

Al di là di chi effettivamente può vederci da lassù, sarebbe interessante avere una valutazione da un punto di vista così elevato, non solo legata alla grandezza, ma alla qualità della nostra vita terrena. Chissà se lassù arrivano i nostri pensieri. Quante volte ci siamo rivolti verso il cielo per trovare delle risposte a dei nostri interrogativi. Sarebbe simpatico se i nostri dubbi salissero sotto forma di palloncini colorati lassù nel profondo blu, per poi esplodere arrivati ad alta quota e ricadere giù con delle risposte.

Ma forse tutto ciò già accade, solo che le risposte ricadono al suolo in maniera casuale. Ecco perché non troviamo mai quella giusta, perché troviamo la risposta alla domanda di qualcun altro.

Che burlone che è questo universo.


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mercoledì 28 aprile 2010

E se la scuola fosse...

... un luogo di libera espressione
una palestra per la mente
un volano per le passioni
uno stimolatore di idee
un confronto e una condivisione
un continuo coinvolgimento

risposte alle curiosità
domande alle certezze
senza l'obbligo di sedersi
con il diritto di stare a proprio agio
priva di banchi
dotata di materiali

teatro per la storia
viaggi per la geografia
musica per la matematica
poesia per la grammatica

esteticamente bella
strutturalmente sicura
socialmente sana
metodicamente attraente
politicamente considerata

sapere
arti
conoscenze
civiltà
rispetto

... una scuola così!

lunedì 27 luglio 2009

Guardare ad occhi chiusi


Apri gli occhi!

Quante volte ve lo hanno detto quando eravate nell'intento di cercare qualcosa e sistematicamente non la trovavate. A me spessissimo, essendo un distratto patologico. Devo prendere la nuova confezione di zucchero riposta nell'armadietto della cucina, metto a soqquadro l'intera dispensa per non trovarla e lei è lì, nel primo ripiano davanti a tutto.

Poi c'è un'altra accezione del termine legata al tentativo di portare una persona a prendere coscienza di una situazione oggettiva. Di risvegliarla da un torpore fiabesco per farle accettare una realtà spesso scomoda e difficile.

Però io ho un'altra interpretazione del guardare ad occhi chiusi. Si tratta di quell'esercizio per stimolare gli altri sensi a nostra disposizione. In alcuni casi non è detto che la sola presa visione di una cosa sia esaustiva. Una persona non è solo presenza fisica. Una città non è solo abitazioni e strade. Un cibo non è solo ciò che vediamo nel piatto. Esistono pensieri, suoni, gusti e odori.

Ogni tanto provate a chiudere gli occhi e ditevi cosa vedete.

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