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martedì 20 settembre 2011

Un'altra delle sue

Dina Fontanin Viggiano durante l'omaggio che l'Università Cà Foscari le ha  voluto attribuire, venerdì 16 settembre 2011


Che fosse in gamba non avevo dubbi, ma dopo quello che è riuscito ad organizzare inizio a pensare che sia un fenomeno.


Nemmeno il tempo di riprendersi dal suo primo IdF Silicon Valley Tour, che mi chiama al telefono per raccontarmi qualcosa che assomiglia più ad una trama di un film che ad una storia vera. La curiosità è così sollecitata che non posso astenermi. Dopo qualche giorno, per la precisione venerdì scorso, mi ritrovo a Cà Foscari per quello che è stato il Dina Viggiano Day.


Proprio così, colei che è stata per diverso tempo a partire dagli anni '50, insegnante d'italiano a Stanford e ha accolto nei migliori dei modi i tanti ospiti e studenti italiani che passavano per Casa Italia, si ritrova nella sua Venezia.


Dina Fontanin Viggiano è una carica di energia e di simpatia. Racconta con minuzia di particolari alcuni degli incontri avvenuti durante quel periodo. Da Giulietta Masina ad Umberto Eco, passando dall'artista Michelangelo Pistoletto. E' una miniera di aneddoti, ma non solo. Dina Viggiano è anche un tassello fondamentale di quel ponte Italia-Silicon Valley, un ponte con la California del quale lei ha contribuito a gettare le basi.


Venerdì scorso l'Università Cà Foscari ha reso omaggio a questa concittadina emigrante. Un gesto che potrebbe essere anche l'inizio per un gemellaggio tra la prestigiosa Università veneziana e l'altrettanto ateneo di Stanford.


Al di là di tutto ciò, tornando a colui che è riuscito ad organizzare questa impresa, Roberto Bonzio - ideatore del progetto multimediale Italiani di Frontiera e amico de Il mecenate d'anime - non vi svelo il dietro le quinte di come è nato il suo incontro con Dina Viggiano. Ha qualcosa dell'incredibile, ma soprattutto è bello sentirlo raccontare direttamente da lui.


Bravo Roberto e i nostri omaggi a Dina Fontanin Viggiano.


Photo Credits

venerdì 3 dicembre 2010

Disco Week End: Great Big Sea - The Hard and The Easy

Quella di Roberto Bonzio è stata un'avventura. Un viaggio d'altri tempi. Alla ricerca di figure in un certo qual senso epiche. Ha dovuto attraversare l'oceano per fare questo. Lui con il suo equipaggio: moglie e due figli.


In una traversata di questo genere doveva esserci una musica adeguata. Ed ecco che ad accompagnare i nostri eroi alla ricerca degli Italiani di Frontiera c'era una ballata. Una di quelle che racconta le gesta di pirati. 


Captain Kidd del gruppo canadese dei Great Big Sea è stata la canzone simbolo di questo "peregrinare" per gli States della Bonzio's Family. Sono andato a ripescare l'album che conteneva questa canzone. Si chiama The Hard and The Easy. Posso garantirvi che se avete voglia di ascoltare della buona musica celtica, rivista in chiave contemporanea, è l'album che fa per voi. 


Pinte di birra. Tesori nascosti. Profondi Mari. Leggende lontane. Sono solo alcune delle immagini che visualizzerete nell'ascolto di questo disco.


C'è un'unica controindicazione. Abbinando queste sonorità alla storia di Roberto, vi verrà una gran voglia di viaggiare. Perché come lo stesso Roberto dice "Occorre navigare, trasgredire... con adrenalina".


Pronti a salpare?




giovedì 2 dicembre 2010

Gli Italiani di Frontiera di Roberto Bonzio - Terza parte

Roberto Bonzio durante una delle sue presentazione di Italiani di Frontiera


Vai alla seconda parte


E’ giunto il suo momento. Le sue parole sono sincopate. Sembrano quasi tenere il tempo del rullante di una batteria. La carica energetica di Roberto Bonzio è pazzesca. Quella che riesce a trasmettere è ancor maggiore. Non ci sono pause. Ci sono intervalli, quelli dei video che vengono proiettati, che alternano la voce di Roberto a quella dei protagonisti di Italiani di Frontiera.

Mi immergo nella storia di Federico Faggin e Roberto Crea, padri del microchip e dell’insulina sintetica. Sobbalzo ai racconti di Fabrizio Capobianco, fondatore di Funambol e Marco Marinucci, manager di Google. Mi appassiono alle divagazioni apparenti che fa Roberto. Cose diverse, ma alla fine non più di tanto.

Un racconto come lo stesso Roberto ha intitolato dal West al Web. E’ fantastica questa parafrasi per comprendere cosa gli italiani di ieri e quelli di oggi in America siano riusciti a fare.

Una presentazione immersiva. Suggestiva. Stimolante.
Da questi racconti si evince che ce la si può fare. Che è nostro dovere sradicare certi luoghi comuni, certi retaggi culturali, per dare spazio alle nostre capacità intellettive.

A presentazione conclusa ne approfitto per fare altre due parole con Roberto. Alla mia domanda su quale possa essere il possibile sviluppo, la prossima sfida di Italiani di Frontiera, lui mi risponde sorridendo, ma con la convinzione di chi ha già fatto il primo passo – “… lavorare su gli italiani di frontiera in Patria! E’ già da un po’ che ci lavoro e ho visto che si possono raccontare delle belle storie anche da qui…”.

A questo punto non mi rimane che salutarlo, non prima di avergli fatto l’imbocca al lupo per questo suo (nostro) nuovo cammino.

Poi lascio lo spazio che ha ospitato questo “giornalista curioso”. Nel lasciarlo però prima mi soffermo sugli sguardi dei presenti. Cerco di carpirne i pensieri dopo che anch’essi hanno assistito alla presentazione di Roberto Bonzio. Forse anche per qualcuno di loro qualcosa è scattato questa sera. Forse qualche remora mentale è stata superata. Domani che è un altro giorno, potrebbe essere veramente un nuovo giorno.

Continuo le mie riflessioni in questa umida notte veneziana. Al prossimo appuntamento con Roberto, perché so che ci sarà, voglio essere pronto. Pronto per raccontare che le cose possono cambiare. Se lo si vuole.

mercoledì 1 dicembre 2010

Gli Italiani di Frontiera di Roberto Bonzio - Seconda parte

Paolo Privitera introduce Roberto Bonzio durante la presentazione di Italiani di Frontiera alla serata "La filiera dell'Idea" - Ph. by Alfredo Montresor

Vai alla prima parte


Siamo a Venezia. L’area è quello del parco scientifico VEGA. L’occasione il lancio di un magazine online dedicato all’imprenditoria innovativa e mentre in laguna c’è l’acqua alta, al di qua del Ponte della Libertà c’è l’adrenalina alta.

Già al suo arrivo, capisco che l’entusiasmo di quella giornata meneghina è intatto. Addirittura noto anche un po’ d’emozione in Roberto Bonzio. D’altronde per lui stasera significa anche ritornare a casa. Mestrino d’origine, figlio d’arte, visto che il padre Gibo è stato un grande cronista per il quotidiano Il Gazzettino, ove Roberto stesso ha esordito. Ad accoglierlo ci sono molti ospiti, ma anche tanti amici.

Il suo abbigliamento informale e lo zaino che lo accompagna, lo rendono un personaggio ancor più curioso. A metà strada tra un moderno Indiana Jones e un giovane avventuriero raccontato da Mark Twain.

Un veloce saluto e un caloroso benvenuto, poi lo lascio raggiungere la postazione dalla quale questa sera ci presenterà i suoi Italiani di Frontiera.

Sono le 22.30 circa quando dagli altoparlanti del locale sento partire una voce. E’ quella di Paolo Privitera, poco più trentenne talento imprenditoriale, che dopo aver vissuto per anni in Silicon Valley ora fa da ponte tra il modello start-up americano e la creatività italiana. E’ lui ad introdurre Roberto Bonzio.



martedì 30 novembre 2010

Gli Italiani di Frontiera di Roberto Bonzio - Parte prima

Roberto Bonzio con la sua famiglia prima della partenza per gli States - l'inizio della grande avventura di Italiani di Frontiera


La prima volta che incontro Roberto Bonzio è a Milano. A due passi dal Duomo ci prendiamo un caffè insieme. L’autunno è arrivato, ma un premuroso sole diffonde energia sulla città. Sui presenti.

Seduti sul plateatico esterno di un bar, Roberto inizia a raccontarmi del suo progetto. Per lui raccontare è la normalità. Non solo perché è un cronista, ma proprio perché negli ultimi anni ha raccontato diverse storie. Federico, Paolo, Enrico, Marcello e così via. La lista è molto lunga. Ma chi sono tutte queste persone di cui Roberto Bonzio parla? Sono “Italiani” o per meglio dire “Italiani di Frontiera”. Persone che oltreoceano, nella terra del sogno americano, hanno seguito il loro spirito d’impresa, le loro intuizioni.

Per far questo Roberto nel gennaio del 2008, lascia gli uffici della redazione Reuters per la quale lavora e si trasferisce con l’intera famiglia per sei mesi negli States. Roberto ha una missione. Non vuole raccontare la storia di cervelli in fuga. Roberto vuole raccontare la storia di talenti italiani, che nel nuovo mondo, grazie alle loro capacità, al loro modo di pensare, sono naturalmente emersi. Hanno potuto emergere perché erano privi di impedimenti sociali e culturali, che in patria gli avrebbero rallentato se non impedito questa loro crescita.

Per capire meglio l’Italia è stato necessario guardarla da fuori… solo così ho avuto conferma del patrimonio intellettuale immenso del quale siamo a disposizione… la forza degli italiani è quella di ragionare fuori degli schemi, modalità questa che in Italia spesso si vuole ingabbiare, mentre all’estero trova l’humus naturale per evolvere” mi dice Roberto guardandomi negli occhi. Poi continua “… ci sono dei meccanismi maledetti in Italia, come l’invidia ad esempio, che non permettono di innescare il circolo virtuoso del talento… talento che in Italia è ben presente”.

Queste storie raccontate da Roberto, questi modelli positivi da lui narrati, ora costituiscono un blog, una web tv, un libro a breve, una rappresentazione teatrale in un prossimo futuro e una serie di conferenze multimediali.

Ed è proprio in una di queste conferenze che lo ritrovo...