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mercoledì 17 giugno 2009

La Mia Africa


Ieri sera mi è successo una cosa strana. Al confine tra favola, sogno, realtà e finzione, mi sono ritrovato a dover descrivere a mio figlio un continente dove non sono mai stato: l'Africa.

E' stato per me un esercizio affascinante e dalle emozioni più disparate.
Ilarità e divertimento prendendo spunto da cartoons come Il Re Leone, Madagascar passando per Tarzan.
Curiosità e attenzione dall'apprendimento scolastico e dalla biblioteca documentaristica di programmi come Superquark e canali come il National Geographic.
Imbarazzo e difficoltà nel trovare risposte di fronte a domande legate ai perché i bambini in Africa sono poveri e non hanno cibo per sfamarsi.

Ancora una volta
è stata necessaria la fantasia di un bambino per accendere la mia. Ancora una volta è servita la curiosità di un bambino per ripescare nozioni geografiche spesso dimenticate e ancora una volta, è bastata l'innocenza di un bambino per mettere a nudo le assurdità del nostro mondo. Ancora una volta.

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lunedì 27 aprile 2009

Curiosità


E' un elemento importante. Per crescere. Per imparare.

La curiosità che ci spinge a voler capire come si fa una cosa. Che mettiamo nell'apprendimento di nuove informazioni, per allargare le nostre conoscenze. Che ci smuove per raggiungere i nostri limiti e perché no, di superarli.

Questa è la vera essenza della curiosità. Non la morbosità verso informazioni di contorno. Ma la smania per un sapere mai sazio.

Questa è la curiosità che è alla base delle grandi scoperte, delle grandi invenzioni. Una curiosità che mischiata alle passione dei singoli può sconfiggere l'immobilismo dell'ignoranza e la bruttezza dell'arroganza.

Uniamoci. Alimentiamo le nostre curiosità. Facciamo tornare a splendere il bello del sapere.

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lunedì 10 novembre 2008

Taxi Driver

"... ma lo sa qual è il motivo scatenante di una guerra, dopo quello della fame? la NOIA. La noia fa fare cose terribili, compiere gesti inconsulti, di una violenza inaudita...".

Questa era l'affermazione definitiva, che mi aveva fatto il tassista primi di lasciarmi in stazione. Già perché nei miei rari utilizzi del taxi in Italia, cerco di ammortizzare i cospicui costi parlando con il conducente, visto che non è vietato. Da questi dialoghi spesso capita di rimanere sorpresi da quello che ne esce.

E pensare che questa volta il tutto era partito parlando di tecnologia, di quali sono le opportunità reali per noi. Sicuramente potremmo lavorare meno e meglio. Nel senso sia quantitativo, vista l'immediatezza nel compiere alcune funzioni. Proviamo ad immaginare in quanto poco tempo è possibile recuperare delle informazioni che ci necessitano. Sia in termini spaziali, dove l'ufficio inteso come il luogo fisico dove ci si reca al lavoro, sarà sempre più superato. Potremmo essere operativi da qualunque posto ci troviamo ad essere.

Però ci sono dei rischi. Ed è qui che è arrivata la formulazione sociologica del mio taxi driver. Già perché se non saremo in grado di educare i giovani al bello, alla bellezza delle cose, nella continua ricerca di stimolare le loro curiosità e di coltivare le loro passioni, in una visione altruistica della società, ci sarà il rischio latente di creare una generazione che sicuramente avrà più tempo a disposizione, ma sarà arida e convinta di poter avere tutto e subito. Questo porterebbe ad uno stato di noia continuativo, motivo scatenante delle atrocità di una guerra.

Tutto questo in dodici minuti di tragitto, nel mezzo del traffico milanese.
Altro che sedute dall'analista, sono loro i nuovi detentori dell'essenza della verità umana.