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lunedì 14 maggio 2012

Un'attesa

Un'attesa. Un'attesa camuffata in dialogo. Peccato che l'ascolto non fosse presente e le parole tardassero a trovare una ragione nel loro fuoriuscire. 
Ogni tanto una pausa, come ad evidenziare un interesse. Qualche accenno di consenso, magari anche un po' di stupore riesumato dal suo eterno torpore. Anche le risate erano asincrone. Spesso in anticipo. Molto di più in ritardo.


Intanto la serata trascorreva e l'attesa perpetuava. Anche la stanchezza iniziava ad incidere sulla finzione. Eppure quel gruppo di ragazzi si era ritrovato per stare insieme, trascorrere una serata in compagnia, condividere e divertirsi, ma niente di tutto ciò stava accadendo. Ognuno era lì per qualcos'altro. Chi per una ragazza. Chi solo per se stesso. Addirittura alcuni se lo erano pure dimenticato il vero motivo. Nel frattempo facevano ciò che gli riusciva apparentemente meglio. Ingannare quell'attesa.


Un'attesa che forse non avrebbe trovato una fine. Un'attesa che forse non sarebbe dovuta nemmeno iniziare.

lunedì 9 marzo 2009

Convenevoli del dopocena

Mi è capitato ancora.

Mancava poco alla mezzanotte e la cena con gli amici stava volgendo al termine.
Caffè degustato. Limoncino sorseggiato. Il conto era arrivato ed era stato pure saldato, mentre i camerieri iniziavano ad alzare le prime sedie sui tavoli per sistemare il locale.

Una volta alzati, mettiamo le giacche e ci salutiamo. Ed ecco il momento topico.
Invece di imboccare l'uscita del locale, ricominciamo a parlare.
Piacevolmente si crea una situazione di stand by. Nessuno si muove, nessuno prende l'iniziativa di partire e le parole traboccano come un fiume in piena, come se ci fossimo appena ritrovati e non fossimo reduci da una lunga serata in compagnia.

Una situazione che può tranquillamente durare cinque, dieci, venti minuti o ancor di più.
Non c'è una spiegazione logica. E' un misto di convenevoli del dopocena e una voglia comunque di non staccarsi dal gruppo.

Il teatrino è durato finché il ristoratore elegantemente ci ha intimati ad uscire e uno dei presenti razionalizzato quanto accadeva ha preso l'iniziativa e ha oltrepassato la soglia dell'uscita.
Bene, sembrava tutto finito, se non fosse che, nonostante gli ulteriori saluti della buonanotte, ci siamo ritrovati per un'altra mezzora a parlare fuori del ristorante, sul piazzale dove avevamo parcheggiato le auto.

D'altronde questa è la forza di una piacevole Compagnia e poi il cielo ero fantasticamente stellato, la luna crescente origliava silenziosamente i nostri discorsi, i problemi di tutti giorni sembravano scomparire e i nostri cuori ricevevano un forte appagamento.


mercoledì 14 gennaio 2009

Sabato pomeriggio: tutti in campo

Una delle cose che mi manca maggiormente da quando mi sono trasferito è la partitella che il sabato pomeriggio sistematicamente si giocava con i ragazzi.

Era fantastico. A prescindere dalle condizioni climatiche, noi eravamo lì come dei valorosi campioni pronti a difendere un titolo mondiale.

La passione che ci accomunava, permetteva di colmare il tasso tecnico dei presenti. Io ad esempio ero il portiere ufficiale, nonostante fossi miope e giocassi in porta senza occhiali e lenti, in aggiunta alle mie personali doti calcistiche alquanto scarse.
Tra i pali però mi trasformavo. Grandi prestazioni su interventi difficili si alternavano a plateali papere su semplici tiri.

Ricordo ancora lo sguardo dei miei compagni quando dal lancio da centrocampo di un avversario allargai le braccia per accompagnare con lo sguardo il pallone che secondo me doveva uscire al lato sinistro della porta. Invece, avevo sbagliato le misure e mi ritrovai a piegarmi per raccogliere la palla entrata nel sacco della rete.

Nonostante ciò, il divertimento era assicurato. Almeno per gli avversari, ma non solo. Al termine della partitella, le beghe di gioco erano già scordate e si iniziava a chiacchierare in perfetta armonia sul fine settimana da organizzare.

Il campo era rappresentato da uno spazio ricavato nella corte di uno dei partecipanti. Il pallone era di uno di noi. Quindi guai a farlo arrabbiare, se ne sarebbe potuto andare con la palla. L'abbigliamento era pienamente irrispettoso di alcuna cromia comune per squadra e spesso macchiato di sugo del frugale pasto appena fatto. Un paio d’ore era il limite minimo di durata del match.

Che ricordi. Se mai mi ricapiterà di tornare un sabato su quel campetto, converrà che abbia con me la divisa. Sicuramente ci sarà qualcuno pronto a farmi giocare.

lunedì 24 novembre 2008

Confessioni di un Ritardatario

Lo sono. Lo sono stato e sempre lo sarò: in ritardo.
E' una cosa spiacevole, irrispettosa e poco elegante, ma non ce la faccio, è più forte di me.
Mi ci metto anche d'impegno, ma niente da fare. Anche se mi prendo un buon margine, potete esserne certi che arrivo con un buon quarto d'ora accademico di ritardo.

E' strano perché è un difetto che non sopporto nelle altre persone, per non parlare poi se devo aspettare dei mezzi pubblici, treno in primis.
Che sia un appuntamento di lavoro, oppure galante, il risultato non cambia. Chiedete pure a mia moglie.

Mi ricordo che anche in compagnia questi miei ripetuti ritardi giustamente irritava i più. C'è da dire però che poi mi faccio amorevolmente perdonare. Ma questo non mi giustifica.

Spero solo che non venga introdotto come reato, altrimenti rischierei di arrivare in ritardo alla mia udienza!

martedì 28 ottobre 2008

Il Volo Leggero

Un casolare nascosto tra le campagne del veronese, eppure per noi era il centro del mondo. Sto parlando del “Il Volo Leggero”, un luogo forse esistito solo nella fantasia o forse reale, chissà. Comunque per alcuni anni della mia vita e di quella dei miei amici ha rappresentato un punto d’incontro non da poco.

Inizialmente erano tre stanze. L’ingresso con bancone e cassa e altre due camere dove erano disposti i lunghi tavoloni che accoglievano le compagnie. D’estate si poteva usufruire anche del plateatico esterno sotto la tettoia che spesso ospitava concerti di gruppi a dir poco emergenti, ma che vibrations.

Era questo un reale social network, antesignano degli attuali virtuali MySpace o Facebook. C’erano gli amici, la musica e… le ragazze! Già per me in quel periodo era come stare a Milano durante la settimana della moda. Era stranissimo, ma c’era una selezione naturale che faceva arrivare solo belle ragazze o forse era la vista dei miei occhi da imbranato adolescente che le faceva apparire tali. Il piatto tipico era l’assetta di affettati, affiancata da patatine fritte e della buona birra.

Ci passavamo le serate, i giorni e il tempo. Si stava bene, si chiacchierava, ci si divertiva. Per alcuni anni ha rappresentato la perfetta appendice del dopo studio, del dopo lavoro. Gli unici eventuali problemi erano a carattere sentimentale, ma neanche più di tanto.

Poi il luogo ha subito una trasformazione. E’ cresciuto in dimensioni. Nuove stanze, plateatico chiuso anche per l’inverno ed è iniziata ad affluire tanta, tanta gente, anche troppa. E così come i luoghi di vacanza che inizialmente sono conosciuti da pochi con il loro charme e bellezza selvaggia, vengono presi d’assalto dal turismo di massa, così è stato per Il Volo. Aveva perso quel suo alone di magia. Ma forse era giusto così, anche noi nel frattempo eravamo cresciuti e avevamo anche delle esigenze diverse. Il suo dovere l’ha fatto e per noi rimarrà sempre un luogo ricco di fantastici ricordi.